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Short Stories

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Ottusi

Andrea Alfieri, Scuola Holden, Biennio 2014-2016

Sempronio non ha una gran bel timbro, diciamocelo. Non frega niente a nessuno se quando sta sul palco non riesce a centrare ogni singola ottava, perché Sempronio arriva per vie traverse e scusate se è poco. Qualche settimana fa è stato inserito nella Top 20 delle celebrità in grado di “cambiare il mondo” di Forbes. Il suo nome è stato messo al secondo posto, a panino tra Lilli Kjellborg – architetto scandinavo della green generation – e Papa Francesco – che non ha bisogno di presentazioni – al primo.
Oggi sale sul palco per un evento di beneficenza in diretta mondiale, assieme ai 30 artisti più influenti della musica internazionale. È di buon umore, fa caldo e beve qualcosa coi suoi amici e la sua ragazza nel backstage. Sua madre gli ha scritto un messaggio: Tesò, sì o core mio. Sempronio le scrive: Ci vediamo domani, ma’. Quando sale sul palco il pubblico sbraita e fischia e si abbraccia. Sempronio è in jeans e maglietta bianca, stringe un foglio tra le dita. Saluta il pubblico, ride di gusto. Aspetta che ci sia silenzio e attacca. Non c’è musica perché ha deciso di non cantare. Sempronio deve togliersi un paio di sassolini dalla scarpa. Ultimamente, dice, vorrebbe assomigliare a un albero. Racconta di suo padre, dell’orto di famiglia, denuncia l’essere umano e celebra la vita e la gente annuisce e se quello non fosse un palco ma fosse una chiesa, in molti avrebbero già intonato l’alleluia. Stregoneria pura. Alla gente tremano le gambe, se Sempronio chiedesse loro di sdraiarsi e di farsi calpestare, chiunque obbedirebbe. Esplodono i social, naturalmente. La stampa, attaccata alla tivù, grida già alla reincarnazione di Lennon. La Chiesa, attaccata alla tivù, grida alla reincarnazione del Cristo. I politici, attaccati alla tivù, prendono appunti per le prossime elezioni. Ogni famiglia, attaccata alla tivù, griderebbe di certo a qualcosa, ma visto che in tanti hanno i figli a letto già da un pezzo non gridano un a un bel niente, si limitano a riconfortarsi nelle sue parole. Infine Sempronio abbassa il microfono. Piangono tutti, lui compreso. Poi qualcuno comincia: quindici minuti di applausi. «Grazie», dice Sempronio. Mentre una speaker radiofonica commenta il mondo aveva proprio bisogno di te, Sempronio, Sempronio fa per tornare nel backstage, vede la sua ragazza nella penombra, le sorride, domani torneranno a Napoli per qualche giorno, è veramente felice, ma si incastra col piede sul cavo di una cassa spia e inciampa. A Sempronio parte una bestemmia, una di quelle un po’ striminzite, quasi comiche, e barcollando qui e lì per il palco riesce a trovare in qualche modo l’equilibrio per non finire a terra. Raddrizza la schiena e continua a camminare. Ma è troppo tardi: il microfono era rimasto acceso. Boato generale. I social esplodono di nuovo, una roba esagerata. La stampa cambia cera e reimposta immediatamente i titoli in prima pagina – Sempronio bestemmia in faccia al mondo -, la Chiesa fa finta di non aver sentito e scuote la testa, i politici tirano un sospiro di sollievo e vanno a versarsi qualcosa di forte. Sempronio si scusa ma le famiglie e il pubblico hanno già sciolto il loro abbraccio e tutti quanti, all’improvviso, non sanno più perché stanno piangendo.

La Scuola Holden è nata a Torino nel 1994 e da più di 25 anni insegna a raccontare storie. È anche una fabbrica di progetti narrativi: per Green Pea, alcuni diplomati della Scuola hanno scritto 65 racconti e selezionato 70 citazioni di filosofi classici e moderni da regalare agli ospiti di Otium.

scuolaholden.it