Green Peaple
Scuola Holden
Short Stories
Condividi
Ci saremmo visti alle sette del mattino all’imbocco del sentiero che conduceva in cima al monte Fløyen. Ero stata sfacciata: quando la sera precedente, al bar, un tale mi aveva detto di salirci ogni mattina mi ero autoinvitata. Aveva accettato di malgrado. Era torvo, taciturno; non scortese né niente, ma austero. Si era presentato solo prima di andar via. Magnus.
Aspettavo e fumavo, equipaggiata di scarpe da ginnastica, zaino, borraccia e snack. Lui lo vidi arrivare in pantaloni eleganti, polo e golf, con in mano una valigetta che stipò dentro la cabina di legno di un’abitazione. Non diede spiegazioni e io immaginai che dopo andasse a lavoro.
«La butti nel cestino, quella». Indicava la mia sigaretta senza guardarla.
Eseguii. Salimmo. Il sentiero si attorcigliava sul pendio boscoso . La pendenza pesava sulle mie gambe e il respiro si faceva prepotente dentro le orecchie. Magnus non mi chiese niente e io non ebbi niente da dirgli finché vidi un edificio di cemento sulla costa del fiordo.
«Cos’è quello?» chiesi.
Magnus mi osservò in silenzio e tornò alla strada. Non aggiunsi altro. Guadagnammo la cima così, lui ad aprire e io a seguire, muti; imparai il passo, il respiro e la postura. Lo imitai. Si portava in avanti, inspirava solo dal naso e a prese larghe ma nonostante la tecnica era molto affannato.
D’altra parte non era sottile, ma tarchiatello e massiccio. Sospettavo avesse la mia età, o al massimo trent’anni, ma che gli pesasse peggio sul corpo.
Al mattino i profumi erano più intensi, ti caricavano i polmoni per la giornata. Pensai al motivo per cui ero scappata dall’Italia, ma evitai di parlare. Stavo bene qui, nonostante la fatica delle persone. Stare per conto mio, d’altra parte, era quello che avevo cercato.
Accolta la proposta di silenzio di Magnus, sentivo ora quello in cui era ammantata l’intera città là sotto. Arrivati su sostammo un momento a guardarla.
«Mia moglie è andata via di casa» mi disse.
Allargò le labbra sul viso guardando il panorama. Attesi, ma Magnus non continuò. Mi fece invece cenno di riprendere la strada e io lo seguii. In mezz’ora fummo di nuovo giù, accaldati e col fiatone. Magnus riprese la valigetta dal suo nascondiglio.
«Ognuno ha qualcosa da sudare» mi salutò poi, e mi parve sorridere.
Non chiesi di salire ancora, né lui mi invitò.
Un giorno lo incontrai in città, in una tenuta da ufficio simile a quella in cui l’avevo visto sul Fløyen.
«Non ci vado più, sa?» raccontò.
Non commentai. Ne fui lieta: pensai che l’avesse sudata a sufficienza, sua moglie. Ma gli fui grata di avermi insegnato a guarire una ferita umana nel verde. E dal giorno successivo in cui seppi che non saliva lui, decisi che mi sarei sudata io quel che dovevo.
La Scuola Holden è nata a Torino nel 1994 e da più di 25 anni insegna a raccontare storie. È anche una fabbrica di progetti narrativi: per Green Pea, alcuni diplomati della Scuola hanno scritto 65 racconti e selezionato 70 citazioni di filosofi classici e moderni da regalare agli ospiti di Otium.